Celiachia, gli esami per diagnosticarla e a che punto è il vaccino

Crescono le persone in Italia che soffrono di celiachia, allo stesso modo però crescono coloro che vogliono condividere questo problema e "fare comunità". Nel nostro paese gli intolleranti al glutine, proteina alimentare contenuta nel frumento e in altri cereali come orzo e segale sono circa 100mila. Per inciso, i casi diagnosticati rappresentano solo una quota "minoritaria" di tutti i celiaci italiani, visto che il numero globale stimato si aggira attorno ai 600mila (uno ogni cento abitanti), con un rapporto tra casi diagnosticati e casi sfuggiti alla diagnosi di oltre 1 a 5.
Quali sono le aspettative di tutte queste persone, abituate a convivere con una dieta curativa, la dieta senza glutine, che tuttavia incide, e non poco, sugli aspetti psico-relazionali della vita quotidiana? Sul piano clinico una esigenza molto sentita è quella di evitare l’accertamento oggi considerato più importante ai fini diagnostici, cioè la biopsia intestinale, praticata mediante gastroduodenoscopia. Tale indagine, per quanto sicura, è considerata invasiva, soprattutto nei bambini più piccoli. Potrebbero esservi presto importanti novità al riguardo, poiché negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi semplici test su sangue, come la ricerca di anticorpi anti-transglutaminasi ed anti-gliadina deamidata, dotati di una attendibilità pari, se non addirittura superiore, rispetto alla biopsia intestinale.

L’indagine endoscopica rimarrà fondamentale nei casi dubbi, ma potrebbe essere presto evitata laddove i risultati del laboratorio "parlino chiaro". Sul piano terapeutico il celiaco chiede, in primo luogo, una qualità sempre migliore del prodotto dieto- terapeutico, che deve essere non solo senza glutine, ma anche valido sotto altri aspetti nutrizionali ed organolettici, ad es. non eccessivamente ricco di grassi, zuccheri semplici e di addittivi. In realtà questa esigenza è sempre più soddisfatta dalla continua evoluzione dei prodotti messi a disposizione da parte dell’industria specialistica. Ma il sogno nel cassetto del celiaco è indubbiamente quello della "pillola" curativa con cui poter riprendere una dieta libera! La recente esplosione delle conoscenza fisiopatologiche ha permesso di intravedere nuove possibili soluzioni al problema, con enzimi che digeriscano il glutine ingerito prima del contatto con la superficie intestinale, oppure con una pillola che "chiuda i cancelli" della permeabilità intestinale, o infine mediante una vaccinazione.

Diverse prove cliniche sono in atto per valutare l’efficacia e la sicurezza di questi nuovi composti, per cui non è fantascientifico affermare che in futuro il glutine potrebbe tornare, almeno in parte, sulla mensa del celiaco. È opportuno tuttavia evitare il facile ottimismo: non solo occorrono ulteriori dati clinici sulla efficacia e la sicurezza di questi prodotti, ma esiste anche il rischio che l’eccessiva fiducia nella soluzione farmacologica determini un "abbassamento della guardia" nei confronti della dieta senza glutine, atteggiamento che potrebbe rivelarsi deleterio, soprattutto per i rischi che possono conseguire a uno scarso controllo della celiachia.